Emilio Solfrizzi

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La Gazzetta del Mezzogiorno – 19 gennaio

Emilio, re per una notte

FRANCESCO COSTANTINI

Che porti bene, dopo la sua comparsa allo stadio San Nicola per il collegamento con Quelli che… il calcio e Simona Ventura, è cosa certa. Dopo aver portato sul grande schermo la macchietta del tifoso barese innamorato di Protti e Tovalieri e pronto a fare il mitico “trenino” in Selvaggi dei Vanzina, Emilio Solfrizzi da ieri si candida al ruolo di portafortuna dei colori biancorossi (“a fine partita i tifosi m’hanno fatto volare in alto tre volte, come se avessi segnato io!”), lui che poi così innamorato del dio pallone non è stato mai. Per l’attore barese si apre un periodo di verifiche professionali importanti perché a giorni passerà su Raiuno la Luisa Sanfelice che i fratelli Taviani hanno tratto per Raiuno dal romanzo di Dumas e a fine febbraio arriverà nei cinema il nuovo film di Silvio Soldini, Agata e la tempesta, del quale è protagonista insieme a Licia Maglietta e Beppe Battiston.

Luisa Sanfelice – dice Solfrizzi – va in onda domenica e lunedì prossimi in prima serata su Raiuno. Con me, che sono il re borbonico Ferdinando, nel cast di questa coproduzione europea ci sono Letizia Casta, Adriano Giannini e la spagnola Cecilia Roth, la nuova musa dell’Almodovar di Tutto su mia madre, ma soprattutto ci sono Paolo ed Emilio Taviani, persone che, a 70 anni suonati, hanno ancora una passione ai limiti dell’infarto per il loro lavoro, sono ancora lì a spiegare alle comparse come camminare per rendere l’idea della Napoli della fine del ’700″.

Com’è stato girare per la prima volta in costume?
“Stupendo e imbarazzante… Mi spiego: intanto i costumi sono di Lina Nerli Taviani, e scusate se è poco, ed io, essendo il re, indosso pezzi assai pregiati, costosi, ingombranti. Per questo ero molto attento a non sgualcirli, a non rovinarli, finché i Taviani mi hanno detto: Emilio, tu sei il re e non si è mai visto un re che si preoccupa del mantello, della giacca… Insomma, comportati da sovrano!”.

Il film di Soldini, invece, uscirà a fine febbraio…
“Sì, è stata leggermente posticipata l’uscita. Anche qui, sono stato davvero orgoglioso di lavorare con Soldini, un regista unico nel panorama italiano, lontano dalle logiche paratelevisive di certo nuovo cinema italiano, che ha tra l’altro scritto il film insieme alla sceneggiatrice barese Doriana Leondeff. La storia è assai particolare: io sono un affermato architetto, che ha rilevato lo studio paterno, che scopre un giorno, grazie alle rivelazioni di un rappresentante della Bassa Padana, di non essere figlio naturale ma di essere stato venduto dai disperati genitori alla ricca famiglia. Di qui il tentativo di risalire alle radici, di trovare un filo che lo colleghi alla sua storia personale…”.

I Taviani e Soldini, la tradizione e la nouvelle vague del cinema italiano…
“Due modi molto diversi di girare. Lì la grande, estrema professionalità artigianale, anche della troupe che li affianca, la credibilità come autori e come persone. Soldini, invece, ha dalla sua l’incredibile capacità di creare quasi un mondo iper-reale, da scoprire per gradi man mano che vanno avanti le riprese. In entrambi i casi, comunque, c’è questa straordinaria capacità di farti diventare un valore aggiunto del film, di guidarti con autorevolezza, di risolverti i dubbi”.

Ma non ti è venuta voglia finalmente di girare un film comico al cento per cento?
“Certo è sorprendente che io mi sia ritrovato sempre più lontano dalla commedia, che pure mi piace molto. Però confesso che mi inorgoglisce molto questo essermi costruito una mia strada di interprete “serio” e poi giuro che si fatica molto di più a far ridere. Diciamo che mi piacerebbe, ma senza dannarmi troppo”.

E questa voce che ti vuole protagonista del film tv tratto dal primo romanzo del magistrato barese Gianrico Carofiglio?
“Mi fido molto dello staff che sta trascrivendo il romanzo per il piccolo schermo, la storia mi piace molto, ma non ho mai – ripeto mai – parlato con nessuno di questo. Però io nei panni dello scoglionato avvocato barese protagonista di Testimone inconsapevole mi ci vedrei… Insomma, se proprio mi vogliono, io sono qui, parliamone…”

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